Fonte:   IL MATTINO DI PADOVA


Quella di ieri è stata forse la mattinata più difficile all’interno della sede biancoscudata di viale Rocco. E dire che poteva essere un giorno d’orgoglio e soddisfazione, non solo per quanto ha fatto sul campo la squadra contro la Lazio, ma anche perché da ieri il Padova è tornato ufficialmente nel tabellone principale della Tim Cup, per la prima volta dalla radiazione della vecchia società e a soli due anni dalla fondazione del nuovo club. Un risultato sportivo di livello, macchiato da quanto successo sugli spalti di Auronzo. Il presidente Giuseppe Bergamin ha letto i giornali, ha visto il nome del Padova associato agli insulti razzisti a livello nazionale, si è preso un po’ di tempo per riflettere ed è arrivato a una conclusione: «Non possiamo più ignorare questi episodi, lasciarli perdere, far finta che non esistano. Bisogna fare qualcosa e spazzare l’omertà». La voce di Bergamin è affranta ma allo stesso tempo ferma e decisa. Ha qualche idea in testa, ma il nodo principale è uno solo: come fare per risolvere la questione? «È molto spiacevole quello che è successo, anche perché sono fatti che si ripetono. Bisogna prendere in mano il problema parlandone apertamente e con rigore di fronte a queste persone. Persone che stiamo cercando di isolare». Nei prossimi giorni i soci biancoscudati si ritroveranno e affronteranno la questione, prima di chiedere un incontro con i tifosi: «Voglio instaurare un dialogo con i responsabili della Tribuna Fattori e con le forze dell’ordine. Voglio ricavarne qualcosa di positivo per evitare che questi fatti si verifichino ancora. Ne va dell’immagine della società e della stessa città. Gesti del genere sono subdoli e non hanno alcuna giustificazione né sociale né politica». Vanno evitate, dice Bergamin, le generalizzazioni. «Mi piacerebbe che venissero individuati questi tifosi, provare a farli ragionare o altrimenti isolarli. Mi affido anche al senso di responsabilità della maggior parte dei tifosi, che abbiano la forza di denunciare chi si comporta in questa maniera, abbattendo un certo muro di omertà».


Fonte: Il Gazzettino

«Lo sport è passione, condivisione e amicizia. Mi dispiace constatare da sportivo e da sindaco che alcuni personaggi hanno fatto vergognare tutta la città e, in modo particolare, i veri tifosi presenti allo stadio. Chiedo scusa per loro a Keita». Con queste parole sul proprio profilo Facebook, il sindaco Massimo Bitonci prende le distanze dal gruppo di ultras biancoscudati che martedì durante il primo tempo dell’amichevole ad Auronzo di Cadore con la Lazio hanno ripetutamente apostrofato con insulti e ululati razzisti l’attaccante senegalese d’origine spagnola dei biancocelesti quando entrava in possesso della palla. Un comportamento deplorevole che ha scatenato la reazione di Keita, che si metto l’indice davanti alla bocca in segno di sfida dopo avere fornito l’assist a Djordjevic nell’azione del 2-1 proprio sotto la curva dove erano presenti gli ultras. Una vera e propria vergogna che ha fatto il giro di tutta Italia, dato che affrontando una delle compagini più quotate della serie A il disgustoso episodio ha avuto ampia cassa di risonanza sui principali media nazionali.

E non sarebbe una sorpresa se il giudice sportivo decidesse di prendere qualche provvedimento nelle prossime ore. Naturalmente anche lo stato maggiore del Padova ha bacchettato i propri tifosi, con il presidente Giuseppe Bergamin che a caldo nell’immediato dopo gara li ha invitati a cambiare registro etichettando come inaccettabile il loro comportamento. E sulla questione è tornato anche l’amministratore delegato Roberto Bonetto: «L’avevo già detto a suo tempo quando abbiamo preso la prima multa di cinquemila euro: la mamma degli imbecilli è sempre incinta. Quei ragazzi ci hanno fatto fare una brutta figura, anche se fortunatamente si tratta di una minima parte della nostra splendida tifoseria che ha rovinato una bellissima giornata di festa nella quale abbiamo visto il ritorno del Padova opposto a una squadra di serie A. Per colpa di quattro imbecilli non vorrei che la nostra tifoseria passasse come razzista». «Coloro che si comportano in quel modo – conclude Bonetto – non li considero tifosi. Come società possiamo solo dissociarci, sperando che tra di loro facciano un po’ di chiarezza».