Estratto Fonte: Carlo Della Mea per Gazzetta dello Sport


Da Padova a Padova, in trent’anni di carriera. Con la maglia biancoscudata indossata alle giovanili, e poi ritrovata solo venti stagioni dopo come tecnico. Adriano Zancopè, quasi quattrocento presenze tra tutti i campionati professionistici, è tornato a casa quando ha smesso con il calcio giocato. Nel 2008 l’ingresso nello staff, l’anno dopo la nomina di responsabile dei portieri delle giovanili, dal 2014 la promozione a preparatore dei numeri uno della prima squadra. Ruolo, da quel tempo, mai in discussione: Zancopè come costante, nonostante i diversi avvicendamenti in panchina degli ultimi sei anni. “C’è stato un momento, era il 2006, in cui avrei potuto giocare per il Padova: era il mio sogno, ma l’accordo non si è concretizzato – racconta – Va bene così. Nessun rimpianto. Sono felice che la mia seconda vita professionale sia ripartita da qui”. Merito di Giorgio Molon, storico responsabile del settore giovanile: “Il primo a darmi fiducia, bastò una telefonata”. Poi la scuola di Paolo De Toffol, già portiere, oggi preparatore in Premier, al Watford: “Il mio mentore”.

Zancopè, l’imprescindibile: sarà perché simbolo di padovanità. E’ lui che ai nuovi colleghi inoltra foto dei gloriosi tempi dell’Appiani. Uno stadio che conosce bene, del resto. “A dieci anni già prendevo l’autobus per andare a vedere il Padova. Per anni è stato un richiamo irresistibile: io, adolescente e ultras”. Sarà per la preparazione, sarà per il suo atteggiamento: mite, viene raccontato, quanto determinato. Sarà perché l’ambiente lo conosce come le sue tasche. “Il portiere del Padova deve avere una caratteristica fondamentale: una personalità spiccata. Poi su tutto il resto si può lavorare. E’ questa una piazza che mette pressione. E chi sta tra i pali la deve sostenere anche per il gruppo”.

Padovano di Altichiero, a due passi dall’Euganeo, Zancopè vive con una certa sofferenza questo lungo periodo di stop. “Mai avrei pensato di dare indicazioni per gli allenamenti via chat. Il campo mi manca. Quando si riprenderà, i ragazzi dovranno essere più bravi degli altri a recuperare le energie nervose”. Gli obiettivi ci sono, la voglia di vincere pure. “Non sarà mai come l’Appiani ma l’Euganeo è la nostra casa, il nostro futuro: sogno di vederlo pieno, e vestito a festa. Sarebbe una nuova cartolina ideale da mostrare a chi in futuro indosserà la maglia biancoscudata”.