Fonte: Francesco Cocchiglia per IL MATTINO DI PADOVA


Alla ripresa degli allenamenti non c’è l’euforia che si avvertiva nella scorse settimane, non c’è quell’elettricità nell’aria che aiutava a sperare nel domani con un discreto ottimismo e la voglia di provarci. E forse è normale che sia così, visto che l’1-1 di Cuneo, e la vittoria dell’Alessandria a Pavia nel posticipo di lunedì sera, hanno aumentato il gap del Padova nei confronti del quarto posto, ora distante 7 punti, e ridotto a 5 le partite per provare a colmarlo. Bepi Pillon è un vecchio “lupo di mare”, calcisticamente parlando, e sa bene che ormai servirebbe un autentico “cataclisma” per rovesciare, in un mese, una sentenza che pare scritta e che condanna il Padova a stare fuori dagli spareggi per la Serie B. «Ho sempre creduto alla possibilità di arrivarci, e adesso sono molto ridotte», ammette il tecnico biancoscudato. «Ma per noi stessi, e per chi ci segue, fino a che avremo anche solo il 5% di possibilità di farcela, ce la giocheremo. È giusto provare a finir bene la stagione: arrivare decimi o quinti in classifica fa un’enorme differenza, e provarci è un dovere che abbiamo nei confronti di chi ci sostiene sempre, certo, ma anche di noi stessi».

Fino a domenica le motivazioni venivano da sole. Adesso come si trovano? «Attraverso il lavoro, ognuno dentro di sé. In queste 5 gare io cercherò di lavorare ancora più di prima, e di farlo bene, sino in fondo: voglio il massimo, esigo che non si pensi che il campionato sia già finito. Non sopporterei mai un atteggiamento di questo tipo, perché vorrebbe dire gettare al vento 4 mesi di lavoro». Possibile che la squadra stia accusando lo “scotto”, nelle gambe o nella testa, dei tre mesi condotti a mille all’ora? «Direi di no, sarebbe troppo facile crearsi degli alibi. Abbiamo giocato alla morte, anche a Cuneo fino all’ultimo abbiamo provato a vincerla, e anche nelle difficoltà abbiamo sempre compiuto il nostro dovere e fatto ciò che potevamo fare. Non posso rimproverare nulla alla squadra». In questa fase, ancora più di prima, andrà in campo chi dimostrerà in settimana di tenere a questa maglia? «Vestiamo una casacca importante e dobbiamo onorarla fino in fondo. Se qualcuno di loro ha intenzione di mollare, o pensa che ormai non ci sia più niente da dire, fa prima a stare direttamente a casa. Chi va in campo deve dare il 101%, sarò molto vigile in questi giorni negli allenamenti».

Quindi non darà spazio a qualche giovane che qui ha giocato di meno? «Metto in campo chi merita di giocare. Non ho mai avuto nulla per grazia ricevuta, e non sarò certo io a farlo: l’allenatore deve scegliere chi crede possa permettergli di vincere le partite, non m’interessano altri discorsi». A dicembre, arrivato a Padova, lei disse: “Torno per finire una cosa che avevo lasciato in sospeso”. Con la salvezza anticipata si è fatto definitivamente perdonare? «Il giudizio arriverà tra cinque partite, solo allora tirerò le somme, e mi domanderò se avrò fatto bene o meno. Oggi, a maggior ragione dopo il pareggio di Cuneo, non sono assolutamente in pace con me stesso. Chissà, forse con il tempo arriveranno i traguardi importanti che questa società merita». Allude ad un suo futuro ancora in biancoscudato? «Intanto pensiamo a queste 5 partite, e poi vediamo».