Mister Max Saccon, quando e come è iniziata la tua carriera di allenatore?

Per caso, attorno al 2000: stavo completando la tesi e ho iniziato ad insegnare nella scuola materna ed elementare del mio paese; in collaborazione con un dirigente della società di calcio, abbiamo cercato di creare un doposcuola per riportare i bambini al campo di calcio. É andata piuttosto bene: abbiamo iniziato l’avventura in 6, abbiamo finito in 24. La cosa più bella era dover organizzare dei quadrangolari ad ogni partita visto il numero …

 

Quanto sei cambiato come allenatore del corso tempo?

Fondamentalmente l’anima è rimasta, è cambiato il “guscio”, anche in relazione alle esperienze maturate, ai ragazzi incontrati, alle categorie differenti, al contesto sociale…in 15 anni una persona deve maturare.

 

Qual è il ricordo più bello che porti con te nel tuo percorso da allenatore?

Potrei raccontarvi di un aneddoto curioso, simpatico,toccante, per ognuno dei ragazzi che ho avuto… vorrei che il ricordo più bello l’avessero loro…io lavoro per averne di nuovi ogni giorno.

 

Mister svelaci qualche segreto…Qual è la tua filosofia di lavoro sul campo? E come la trasmetti ai tuoi ragazzi?

Contesto, comprensione, analisi, soluzione, il tutto finalizzato alla costruzione di gioco con una forte componente cognitiva, collaborativa e agonistica, in cui si inseriscono tutti gli aspetti di ricaduta individuale , di reparto e di squadra. Dobbiamo saper trasmettere dei “perché”, non delle soluzioni.

 

Quali valori non devono mancare nella tua squadra?

Le 5C… cervello , cuore, capacità tecniche e un altro paio di cose che si possono dire ma in altri contesti…

 

Quali aspetti tecnici prevede la tua programmazione?

A riguardo, a che punto sei arrivato nella stagione in corso con la tua squadra? Mi piace parlare di contesto di gioco, per arrivare al contesto situazionale, ed infine al contesto individuale, per trasmettere al giocatore dei comportamenti adeguati che può adattare in ogni occasione. Elasticità mentale, atteggiamento efficace, soluzione ottimale. La tattica per elevare la tecnica, e viceversa; l’individuo per il collettivo, e viceversa, per esaltare il giocatore pensante, attore del gioco.

 

Ormai la categoria Giovanissimi 2002 è fuori dall’attività di base: l’aspetto tattico diventa ora sempre più importante per la costruzione del gioco?

No, diventano fondamentali dei concetti di gioco, una cosa ben diversa. I concetti portano a degli atteggiamenti, questi a dei comportamenti, infine alla prestazione. La tattica è un mezzo d’allenamento della tecnica, dell’attenzione individuale, della collaborazione di reparto, della prestazione di squadra.

 

Qual è l’aspetto più entusiasmante del tuo lavoro? E quali sono gli ostacoli più difficili da superare?

Organizzare il lavoro funzionale al progetto di gioco, portarlo concretamente sul campo per vedere le interpretazioni dei ragazzi, testare l’efficacia della proposta, provare la condivisione delle idee, e verificare l’assimilazione nel confronto. Implicita la condivisione con gli interpreti, apertura a nuove idee e confronto continuo con le situazioni che si presentano. É evidente che il percorso è di per sé articolato, ma non si parla di ostacoli da superare, quanto piuttosto di spunti per pensare.

 

Vista l’età dei ragazzi che alleni, per loro sei un punto di riferimento non solo calcistico ma anche formativo. Senti il peso di questa responsabilità?

Si, ma non dal punto di vista del riferimento calcistico, quanto di quello formativo. Penso che a quest’età, delicata per tanti aspetti, sia incompleto parlare di esempio, perché limitativo: i ragazzi devono formare la loro personalità, sviluppare il loro grado di giudizio, fare delle scelte e prendere delle decisioni, sia nel bene che nel male. Perciò credo sia opportuno essere d’appoggio e di affiancamento in certi contesti, confronto e condivisione in altri, pratico e diretto sempre.

 

Per concludere quali consigli daresti a un giovane allenatore che intraprende questa carriera?

Studio, confronto, pratica, ma non limitata al plagio del lavoro altrui, quanto alla struttura di un lavoro basato su una propria idea, un proprio credo. Analizzare tutto con occhio critico, trovare le persone stimolanti per la crescita propria e dei propri ragazzi, condividere e confrontarsi con curiosità, entusiasmo e spirito d’iniziativa. Almeno è quello che mi ripeto ogni fine stagione, partita, seduta d’allenamento…