Estratto Fonte: Andrea Miola per Il Gazzettino
La promozione in serie B del Padova è diventata una piacevole realtà da quattro giorni, ma chi ha già vissuto simili soddisfazioni sa bene che la gioia legata a un risultato del genere è un qualcosa da gustare un po’ alla volta. Giacomo Bindi all’ombra del Santo ha appena festeggiato il suo terzo salto nel campionato cadetto e dunque è un esperto in materia. «Al momento – conferma il portiere – non ci si rende ancora conto di quello che si è fatto e inizi a capirlo solo quando poi vai in ritiro perché ti metti a pensare alla stagione precedente, rivedi le foto e i ricordi riaffiorano. Ora sei inondato da tante sensazioni, la vivi di getto, c’è l’ebbrezza per la vittoria e prevale la voglia di condividerla con la gente, la società e la città in un grande abbraccio che fa capire quanto è bella». Il flash di questi giorni rimasto nella mente dell’estremo senese la dice lunga sull’importanza che ha rivestito il gruppo in questa affermazione: «Una bella immagine a cui penso è il momento che ha preceduto il posticipo di lunedì della Reggiana in cui ci siamo ritrovati tutti prima che iniziasse la partita fuori dal centro Geremia, anticipando il rientro a Padova. Ci siamo detti che non eravamo là perché si sarebbe potuto festeggiare, ma perché gli emiliani potevano vincere e dunque c’era da stare calmi e concentrati pensando allo scontro diretto in casa loro che sarebbe diventato cruciale». Quando ha ritenuto fosse l’anno buono? «In maniera precisa mai perché ritenevo si dovesse arrivare fino in fondo; a posteriori, sono state le partite a Bassano e con il Pordenone, avversarie in gran forma, a dare un segnale grosso». E qui arriva una delle chiavi di lettura più significative del successo biancoscudato: «Possiamo avere alternato bel gioco a momenti meno brillanti, ma mai ci è mancata la consapevolezza derivata dal fatto di non avere mai sbagliato le grandi partite, anche nel momento in cui poteva esserci maggiore tensione, e penso alla sfida di ritorno con il Renate in cui venivamo dalla sconfitta a Gubbio. Questa è stata la nostra arma perché quando vinci tutti gli scontri diretti dai anche un segnale alle altre squadre. E comunque – continua – quando ci siamo messi in testa non ci siamo più fermati per cui anche qualche pareggio in casa poteva essere accettato, anche se da fuori si percepiva un po’ di ansia». […]