Tratto dal Magazine Biancoscudati Padova distribuito allo Stadio.
CUNICO e PITTARELLO, la carta d’identità non conta.
Il più esperto e il più giovane dei biancoscudati in una doppia intervista tra passato, presente e futuro, scelte di vita e… cappelli di lana.
Nome: Marco
Cognome: CUNICO
Età: 36
Ti ricordi il tuo debutto tra i pro?
Ero in prestito a Treviso nel 1995, l’anno in cui la squadra fu promossa in C1. Allenatore Bepi Pillon, in campo giocatori come Pasa, Ezio Rossi, Bonavina, Pradella. Ricordo tante tribune e tante panchine, poi il debutto al Tenni contro il Tolentino o il Ponsacco. Un bel riscaldamento e via in campo, non ricordo una particolare emozione.
Cos’era per te il calcio quando hai iniziato?
Da piccolo inizi perchè ti piace e questa passione ti porta avanti, se hai delle qualità. Quando si è piccoli tutti pensano di diventare campioni poi, man mano che cresci, vedi che riesci a rimanere tra quelli più in gamba e che quelli che lavorano nell’ambiente ti considerano. Così, gradualmente prendi consapevolezza.
E ora?
Ora il calcio è la professione. Si cerca di farla al meglio e di protrarla il più possibile, almeno finchè il calcio ce l’hai dentro. Nella terza parte della carriera la motivazione è fondamentale per affrontare l’impegno e la fatica di tutti i giorni.
Vicenza, Treviso, San Donà, Pordenone, Portogruaro, Marano, Padova. C’è tanto nordest nella tua carriera, un caso o una scelta?
Una scelta di vita. Sono assieme a mia moglie Martina da tanti anni e avendo lei un lavoro che non le permette di spostarsi ho deciso di giocare sempre vicino alla mia famiglia.
Qual è la frase che in campo urli più spesso a Pittarello?
Di attaccare la profondità perché la porta è là in fondo! A volte con un movimento fatto bene si arriva in porta senza tanta fatica, e a nessun difensore piace dover correre all’indietro perché l’attaccante li prende alle spalle…
Cosa consigli ai ragazzi che come lui si affacciano per la prima volta nel calcio dei “grandi”?
Do consigli solo se me li chiedono, altrimenti non sarebbero consigli ma tirate d’orecchi. Ai giovani dico di non togliere mai il piede dall’acceleratore, di pensare poco e solo al calcio giocato, senza farsi coinvolgere dal contorno. Di avere la consapevolezza di far parte di un gruppo in una categoria che ti permette di giocare molto. Quando ero giovane io, prima di giocare ci doveva essere l’infermeria piena…
In una squadra vincente conta di più l’esperienza o la freschezza atletica?
Diciamo che quando hai giocatori di una certa età, ma voglia di mettersi in discussione, è una bella cosa. Abbiamo un mix perfetto anche se, come dice il mister, è importante incastrare bene i giovani nel meccanismo della squadra. A tutte le età, poi, fanno la differenza stimoli e voglia di vincere.
Come ti vedi a maggio di quest’anno?
SPERO, di entrare in campo con i miei figli in braccio. Magari già all’ultima partita in casa e con lo stadio pieno.
Nome: Filippo
Cognome: PITTARELLO
Età: 18
Hai giocato nella giovanili biancoscudate, ti ricordi qualche allenatore che ti ha aiutato a crescere?
Ho giocato nel Padova fin dalla Scuola Calcio. Sono poi passato nella squadra dei ’96 e da lì ho fatto tutta la trafila. Tanti sono stati gli allenatori che mi hanno aiutato a crescere, ma probabilmente il più importante è stato Lorenzo Simeoni che mi ha allenato per due anni. Aveva un modo speciale di porsi con noi ragazzi. Da un lato teneva molto al rispetto dei ruoli, anche a costo di essere duro, ma nei nostri confronti aveva una disponibilità massima. Era sempre chiaro e non risparmiava consigli a nessuno.
Se ti avessero detto che avresti vestito la maglia scudata e avresti fatto gol all’Euganeo cosa avresti risposto?
Non ci avrei mai creduto. Da piccolino facevo il raccattapalle e ridare il pallone ai miei idoli era un onore. Ricordo che una volta chiesi la maglia a La Grotteria, ma l’aveva già promessa e mi rimandò alla gara successiva. La volta dopo mio ripresentai, ma ero imbacuccato con un berrettone di lana e non mi riconosceva… me lo sono dovuto togliere per avere quella maglia!
Dov’eri quando ti hanno detto che avresti giocato con il Biancoscudati?
Stavo parlando del mio contratto con il disse del San Paolo, Cresta. Mi disse “ho due notizie per te. Una cattiva e una buona. La cattiva è che non rinnoveremo il contratto, quella buona è che non lo rinnoveremo perché andrai a giocare alla Biancoscudati Padova”. Ovviamente non ho avuto niente da ridire…
In allenamento ascolti quello che ti dice il tuo capitano Cunico? E in partita?
Certo, sia in allenamento che in partita. Se qualcuno mi dice che ho sbagliato un movimento, ascolto e sto zitto. Anche in allenamento sono uno che se non capisce, chiede, non mi vergogno.
Cos’è per te il calcio? Pensi che sarà sempre così?
Diventare calciatore è sempre stato il mio sogno. Un gioco, ma un gioco che sapevo che sarebbe potuto diventare il mio lavoro da grande. Spero di riuscirci.
In una squadra vincente conta di più l’esperienza o la freschezza atletica?
E’ un misto di cose, bisogna correre ma saper correre con testa. E saper giocare…
Meglio la patente o 10 gol con la Biancoscudati?
Per 10 gol con questa maglia vado in giro a piedi tutto l’anno.
Come ti vedi a maggio di quest’anno?
Non faccio previsioni per il futuro, preferisco prenderla giorno per giorno. Impegnandomi sempre al massimo spero di ottenere il massimo.