10 anni senza Lello…
Il 10 Luglio 2008 ci lasciava Aurelio Scagnellato, 349 presenze con il Calcio Padova tra il 1951 e 1964 nel ruolo di difensore (recordman assoluto di presenze), poi responsabile del settore giovanile, direttore sportivo, accompagnatore e segretario.

Fonte: Matteo Bruschetta per Football not ballet


Picchiava col cuore in mano, e va da sé: con i polsini della maglietta tutti sporchi di sangue. Gli spiaceva, era un duro dal cuoricino di panna. Interpretò come meglio non poteva la frase-leggenda di Nereo Rocco: «Tutto quelo che se movi su l’erba, daghe. Se xe la bala, pasiensa». Lello Scagnellato, diga del Padova fine anni Cinquanta, forgiato – marmo e acciaio – dal Paròn.

Pin, Blason, Scagnellato, Pison, Azzini, Moro: cognomi d’altri tempi, sonorità da “manzi“, come li chiamavano allora, è la diga del padova che nel 1958 sfiora lo scudetto e arriva terzo. Di quella squadra “de poaretti“, come diceva Rocco, Scagnellato è il capitano, la bandiera, il condottiero.

L’Appiani è una trincea, Scagnellato è il suo custode. 349 partite in tredici anni e senza mai segnare un gol. Disse a Schiaffino: «Sei piú bravo di me, ma per scapparmi via devi farmi passare il pallone tra le orecchie».

Motivo di vita: spazzare l’area. Una ruspa, un aspirapolvere di tibie. Anni dopo le battaglie gli chiesero:«Lello, ma sui calci d’angolo come lo fermavi uno come Nordahl?». Il nostro si limitava a sorridere, posava il piedone sopra a quello dell’incauto, premeva e premeva e premeva, aaargh. E rispondeva:«Così lo fermavo, così». Ahia.

Classe 1930, ex carpentiere, ex vetraio, ex bracciante, la faccia da caratterista, «da lupo» disse Giampiero Boniperti, menava per un sendo di responsabilità verso la famiglia, «perché devo guadagnarmi il pane», si scusava dopo il bing-bang. Se n’é andato una sera d’estate, aveva settantasette anni ed é consolante immaginarlo di spalle, con il passo lento e definitivo degli eroi, Gion Uein padano, uscire dal campo tra lo sferragliare della chincaglieria, come certi vecchi guerrieri che escono di scena portando con sé l’orda di tutte le battaglie.

 

Racconto tratto da “Gamba Tesa”, di Furio Zara, Rizzoli, Milano


 

GLI INIZI

“Il giorno del debutto in Serie A, a Firenze, avevo un concorso per un posto nelle ferrovie. Non ero sicuro di aver fatto la scelta giusta” – Lello Scagnellato

LA LINEA

“Quando tornai a Padova in bianconero, Scagnellato mi fece un’entrata terrificante. «Ma Aurelio, sei diventato matto?”, gli dissi in dialetto. E lui, sempre in dialetto: “La storia della riga la sai. Eri dei nostri. E tu l’hai sorpassata. Se al posto tuo ci fosse stata mia madre con un’altra maglia avrei buttato giù pure lei”. – Bruno Nicolè, suo ex compagno al Padova, ricorda quando tornò all’Appiani per la prima volta da avversario, con la maglia della Juventus.

UN DURO

Era incredibile come un uomo così mite, così pacifico, si trasformasse sul terreno di gioco. Gli ho visto tirare certe spallate, spedire tanti di quegli avversari sulle recinzioni a bordo campo… Ricordo in particolare un duello con l’interista Skoglund, che gli rispondeva per le rime…”. – Mario Boetto, ex Padova anni ’60

RELIGIOSO

Padre Flanagan il suo soprannome, in quanto era molto religioso. Fu lui a proporre a Nereo Rocco ed ai suoi compagni di andare a messa al Santo ogni domenica mattina prima delle partite interne.

CATENACCIO

A Padova eravamo arrivati a tal punto che, tra insulti e fischi, sputi e rotture di pullman da parte dei critici del nostro sistema di gioco, mi presentavo in spogliatoio al martedì e dicevo: “Signori miei, non possiamo continuare in questa maniera, volete che smettiamo, che ricominciamo un altro tipo di gioco, facciamo anche noi il WM come gli altri?” . La risposta di Scagnellato fu: “Signor Rocco, siamo tutti con lei, continuiamo così che va bene”. Nereo Rocco durante un’intervsita con Gianni Brera (1974)

CAPITANO E PREMI PARTITA

Sabato sera, prima della partita. L’allenatore Nereo Rocco e il capitano Lello Scagnellato hanno appena finito di cenare da Cavalca. Quella sera, gli informatori di Rocco hanno la soffiata giusta e il Paròn e Lello si presentano in Via del Santo. Da una finestra, riconoscono le voci di alcuni calciatori che giocavano a carte. Esce pure una nuvoletta di fumo. L’infuriato Rocco vuole salire, Scagnellato lo ferma:  “Noi domani vinciamo, poi ci penso io, da capitano.” Il martedì dopo, Scagnellato divide i soldi del premio-partita, senza spartire con i pokeristi fumatori. Nessuno ha il coraggio di fiatare. – Aneddoto tratto dal libro diGigi Garanzini, “Nereo Rocco. La leggenda del paròn”

UN DURO DAL CUORE D’ORO

“Lello era una persona meravigliosa. ho avuto il previlegio di conoscerlo in società. Mai una parola fuori posto, sempre prodigo di consigli ,se glieli chiedevi, perché la grande persona sta in questo. Non imponeva ma consigliava. Alcune cene con il settore giovanile insieme a Fincato erano un’autentico spettacolo” – Alfredo Bellini, Dirigente Calcio Padova

“Se parlate di lui con Humberto Rosa, vi dirà che, a differenza di altri panzer, tecnicamente non era affatto malvagio. Infatti nasce centrocampista nella Luparense, poi a Padova diventa difensore. Come persona era il contrario del giocatore che fu, mai un’uscita scomposta, sempre in punta di piedi. Avevo 23 anni quando l’ho conosciuto, mi ha sempre trattato con grande umanità e spirito di squadra. Il mio Biancoscudato del secolo, dovrebbero fargli un monumento per quello che è stato per noi” – Massimo Candotti, Addetto Stampa Calcio Padova

 

Aurelio Scagnellato

RUOLO: Difensore Centrale

NATO IL: 26 ottobre 1930, Fortezza, BZ  (Morto: 10 luglio 2008, Padova)

SOPRANNOME: Lello, Padre Flanagan

SQUADRA DEL CUORE: Padova, 364 Presenze, 0 gol, 13 Stagioni (dal 1951 al 1964)

ESORDIO:  Fiorentina-Padova 3-1, 18 Novembre 1951, Serie A

ULTIMA PARITA: Potenza-Padova 1-1, 13 Settembre 1963, Serie B

PALMARES CLUB: 1 Coppa Italo-Francese: 1961

PALAMARES INDIVIDUALE:

Giocatore con maggior numero di presenze con il Padova: 364

Giocatore con maggior numero di presenze in Serie A con il Padova:  187

NUMERI

Nasce a Fortezza, in provincia di Bolzano. Il papa padovano era stato trasferito in Alto Adige per lavoro (faceva il ferroviere)

Ha vissuto tutta la sua vita a Padova, quartiere Arcella

Prima di diventare calciatore, ha lavorato come carpentieretornitorevetraio e operaio di macchine agricole

A 18 anni ha giocato con Plateola, a 19 con la Luparense, a 21 la chiamata del Padova

Il Padova lo acquista assieme ai compagni della Luparense Ciano Mazzuccato e Vittorio Scantamburlo, futuro scopritore di Alex Del Piero.

18 Novembre 1951, esordio con la maglia del Padova, in Fiorentina-Padova 3-1 (Serie A)

35.000 lire la cifra che guadagnava agli esordi con il Padova, contro i 30.000 da tornitore

1957/58: la stagione in cui il Padova di Lello Scagnellato arriva terzo in campionato, dietro a Juventus e Fiorentina, che scavalca i patavini solo all’ultima giornata

E’ stato uno dei pilastri difensivi del catenaccio o “mezzo sistema”, del Paròn Nereo Rocco.

La difesa dei manzi: in porta Antonio Pin, libero Ivano Blason, marcatori Aurelio Scagnellato, Giovanni Azzini e Silvano Moro

Lo volevano Juve, Inter, Milan e Lazio, ma lui rispose sempre no: “Avevo la mia famiglia e non me la sentivo di affrontare la grande città. Non mi ci sentivo preparato” (tratto da “Nella Fossa dei Leoni” di Pino Lazzaro)

Giocatore del Padova con maggior numero di presenze: 364

Giocatore del Padova con maggior numero di presenze in Serie A:  187

In Serie A ha rimediato 3 espulsioni: Padova – Napoli 1-1 (28 Ottobre 1956), Alessandria – Padova 0-0 (20 Aprile 1958) e Padova – Torino 0-3 (4 Marzo 1962)

13 Settembre 1963, ultima partita con il Padova, in Potenza-Padova 1-1 (Serie B)

Nel 1964 insieme ad Elvio Matè, assume la carica di responsabile del settore giovanile

Dal 1966 al 1973 ricopre il ruolo di segretario, che all’epoca era un po’ il direttore sportivo dei giorni nostri

Nel 1972 il presidente Marino Boldrin lo licenzia, dopo 22 anni in biancoscudato

Nel 1986 il presidente Marino Puggina lo riporta in società, prima con la carica di segretario del settore giovanile, poi dirigente accompagnatore

Il 10 luglio 2008 Lello Scagnellato muore, dopo una lunga malattia, a 77 anni.

Il 12 ottobre 2008 il Padova dedica in suo nome la sala stampa.


Fonte estratto: “Amarcord Biancoscudato” di  Alessandro Vinci

Lello Scagnellato: semplicemente il Padova. Un uomo, un lavoratore, un gran difensore

 

Se c’è un giocatore che nel corso della sua carriera ha incarnato lo spirito più autentico del Calcio Padova, questo è Aurelio Scagnellato, l’uomo che ha collezionato più presenze in assoluto con la maglia biancoscudata: ben 364 tra campionato e Coppa Italia dal 1951 al 1963. E già questo dato basterebbe a giustificare tale affermazione.
Scagnellato ha rappresentato un’epoca, quella più fulgida della storia della società, quella del grande Padova di Nereo Rocco e dei suoi panzer. Oltretutto con la fascia di capitano al braccio. Chi, se non lui, poteva esserne il titolare? Lui che era approdato all’ombra del Santo appena ventenne e che con il passare degli anni si era sempre più confermato come il vero leader della squadra fino a diventarne il capitano dopo il ritiro di Gastone Zanon. Lui che sul terreno di gioco era sempre in prima linea nel difendere l’inviolabilità della porta biancoscudata e che coordinava con autorità tutto il reparto (cosa mica di poco conto, data l’impostazione di gioco di quel Padova).
Ecco, sia ben chiaro sin da subito: in campo Scagnellato ci andava giù pesante.
(…)
Occhio, però: Scagnellato non era un “macellaio”. Non picchiava a casaccio, né per fare del male. Certo, non risparmiava colpi proibiti e probabilmente non si sarebbe strappato le vesti nel vedere il suo avversario lasciare il campo, ma lo faceva per difendere la porta. Questione d’onore, questione d’amore. Lo faceva per portare a casa il pane, come ripeteva spesso a chi gli chiedeva il motivo di tanta irruenza. Era rimasto quello l’importante per lui. La Serie A? Il successo e la notorietà? Cose effimere e di poco conto per uno che aveva vissuto la guerra e aveva capito cosa voleva dire lavorare per guadagnarsi un pasto caldo da mettere in tavola. «Quando ero giovane si veniva da una guerra, c’erano sofferenze, c’era carestia, mangiare aveva davvero il significato di mangiare», confidò a Pino Lazzaro nel 2002.
(…)
Lello era un capitano vero, il capitano ideale. Insieme a Blason, il vecio di cui il paròn si fidava di più. E sappiamo quanto questo ruolo fosse rilevante in quello splendido rapporto che si era venuto a creare tra squadra ed allenatore. Perché Rocco aveva bisogno di qualcuno, tra i suoi “manzi”, su cui poter contare: «Era un gioco delle parti», racconta Scagnellato. «A me e agli altri anziani del gruppo Rocco delegava volentieri delle responsabilità. Lui sapeva di andare fuori giri ogni tanto, quindi gli faceva comodo che qualcuno avesse l’autorità di riportare la calma, purché investito da lui». 
(…)
Perché dietro a quell’immagine di arcigno difensore, dietro quel fisico temprato dal lavoro (quello con la elle maiuscola), c’era un uomo buono ed umile. Una persona con i piedi per terra che non amava mettersi in mostra, né tantomeno vantarsi dei propri traguardi. Eppure ne avrebbe avuto titolo.